20 anni

Kyra se ne stava tranquillamente seduto a fumare. Era giunto sulla vetta e del monte e li' si godeva la pace e la tranquillita' che solo le montagne sapevano dargli. Quando improvvisamente gli apparve davanti agli occhi una pergamena. Resto' parecchi secondi a guardarla con aria ebete, non sapendo se fosse un sogno, frutto della sua immaginazione o se ancora una volta qualcuno al villaggio avesse mischiato all'erba pipa quelle starne foglie che crescevano al limitare del bosco. Quando si riprese fece la cosa piu' scema che potesse fare: allungo' una mano per toccare il foglio. Il colpo lo spedi' parecchi metri indietro contro un robusto albero. Si alzo' imprecando: Maledette pergamene protette. Si avvicino' con piu' cautela e senza toccare lesse il messaggio: gli si dipinse sul volto un sorriso ebete. "E' ora di partire" disse ad alto voce, prese lo zaino, raccolse la pipa caduta durante il volo precedente e si avvio' giu' per la montagna.
Dekart era seduto sulla sua poltrona preferita, stava fumando e si accingeva a raccontare per l'ennesima volta la storia di Tyrolia ai piccoli nani. Poco prima si era commosso quando un nanetto aveva detto: “E' vero Dekart assomiglia sempre piu' alla montagna!". Era davvero di ottimo umore. Quando qualcuno busso ' con forza dicendo: ”Un messaggio per Dekart il saggio!” ancora! quante volte aveva detto di non usare quell'appellativo! L'umore gli era gia' peggiorato. Prese in malo modo il messaggio e mando ' via sgarbatamente il messaggero. Poi si mise a leggere. Gli si dipinse in faccia un sorriso ebete, al che il nanetto di prima disse: “Ora assomiglia a Bowulf il tonto!” No non era piu' di ottimo umore!
Xenia era sfinito, da giorni non faceva che curare, imporre le mani e raccogliere sminuzzare impastare e applicare piante maleodoranti!!!! ma non poteva nascere guerriero???!!! La peste si era diffusa qualche settimana prima nel paese e lui e gli altri guaritori erano stati chiamati d'urgenza, da allora non si erano fermati un attimo. Finalmente aveva finito con quella famiglia e con quel villaggio, ma qualcuno busso' alla porta: NO ancora malati?! Per fortuna era solo il postino della contea, divisa verde, piuma sul cappello e grande sacca a tracolla. Gli allungo' una busta. Xenia la apri' e un sorriso ebete gli si dipinse sul volto. "Debbo andare" disse e usci'.
Kyra camminava gia' da diversi giorni: stava percorrendo un bellissimo bosco, era ormai sera e stava cercando un posto dove fermarsi per la notte, quando senti' dei rumori inconfondibili: rami spezzati, ferro sbattuto, brontolii, sbuffi. Era sicuramente Dekart! Decise di fargli una sorpresa, si avvicino' silenzioso come solo un elfo sa essere e si sporse da dietro un albero. Il vecchio Dekart sedeva spalle a un albero vicino a un fuocherello su cui cuoceva un coniglio. Aveva ancora addosso la parte superiore dell'armatura, ma sotto spuntavano dei mutandoni a righe e due calzini puzzolenti e bucati, fumava beatamente nell'attesa che il coniglio fosse pronto, li' vicino il suo pony brucava tranquillamente . Kyra giunse alle spalle di Dekart, gli mise una mano sulla spalla e disse: “Ciao vecchio”. Dekart fece un salto talmente alto che batte' la testa sul ramo piu' basso dell'albero a cui era appoggiato, cadde sul fuoco spargendo scintille tutto intorno, la pipa gli cadde di bocca e le braci diedero fuoco ad alcuni arbusti nonche ' al manatello di Kyra, il pony scappo' terrorizzato. Urlando come due pazzi si gettarono nel fiume li vicino. Poi si guardarono, Dekart mezzo vestito, Kyra con zaino , mantello abiti, arco spada, tutti e due completamente zuppi, Si squadrarono per un po' poi scoppiarono a ridere. “Potevi essere solo tu scemo di un elfo!!!” “E tu vecchio sei teso come la corda del mio arco, l'alzaimer avanza?”. “Dai mezzo mago vai a recuperare il pony, tu che parli anche ai sassi,. mentre io provo a riaccendere il fuoco!” Ci volle una buone mezz'ora ma alla fine erano tutti e due seduti intorno al fuoco, gli abiti stesi ad asciugare, il pony legato li' vicino e il coniglio quasi pronto. Stettero in silenzio per qualche tempo finche' Dekart allungo' la mano per prendere il coniglio e una lunga freccia nera si conficco ad un millimetro dal su pollice. In un attimo aveva in mano l'ascia, mentre Kyra tendeva il suo arco “Pace” disse una voce dal bosco, poi usci' un uomo vestito completamente di bianco “Scemo di un guaritore non potevi essere che tu!” interloqui' Dekart “Piacere di riincontrarti Xenia” disse Kyra. “Il piacere e' mio, anche perche' ho una fame spaventosa” “Ma voi non eravate neutrali neutrali neutrali?” disse Dekart “dovresti essere superiore al cibo” “Va quel paese nano! E passami un pezzo di quell'arrosto!” disse Xenia, poi si sedette con gli amici. Il giorno dopo giunsero alla meta del loro viaggio, entrarono in citta', arrivarono ad una casa, suonarono il campanello, salirono le scale ed entrarono: C'erano tutti i loro amici!!!! Ebbene si' era proprio la festa dei 20 anni del D&D

Drago


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Riccaterra della Torre e del Lago Alfonso Norberto

(da Il drago riluttante)

Mi chiamo Riccaterra della Torre e del Lago Alfonso Norberto, figlio del duca di Riccaterra e della duchessa della Torre e del Lago che si sposarono più di 25 anni fa per unificare le due contee. Nella nuova 'grande contea', come viene chiamata, esistono ancora le due capitali e io e la mia famiglia viviamo 6 mesi a Riccaterra e 6 mesi a Torre Lago, l'inverno nella più interna Riccaterra dove l'estate e' torrida, ma le tempeste invernali sono più lievi e l'estate a Torre Lago dove l'inverno rende la navigazione impossibile, ma l'estate e' molto piacevole. L'unificazione fu decisa per unire le fertili pianure agricole di Riccaterra con la posizione strategica per i commerci di Torre Lago, la via fluviale piu' importante di tutta la regione. Nell'unificazione i nobili hanno mantenuto i loro titoli e domini, ma convivono bene e si considerano davvero parte di un'unica realtà. Io e i miei fratelli ci siamo integrati bene nelle due contee e, portando entrambi i titoli, siamo considerati nobili in entrambe le città.

Io sono il maggiore, 22 anni, c'è poi mia sorella Lucrezia Agata Costanza, 20 anni, Marco Osvaldo, 18 anni e per finire Luca Guiodobaldo II, 16 anni. La mia infanzia e' stata piuttosto dura, nei limiti dell'agiatezza di un conte, non esistono smancerie, dolcetti, carezze nella vita di un Riccaterra della Torre e del Lago, si impara fin da bambini a duellare, a comportarsi in modo impeccabile, a vestirsi con eleganza, si studiano geografia, storia, lingue, l'uso delle armi e la tattica militare con precettori che usano la bacchetta più che come mezzo di punizione come vero e proprio metodo di insegnamento. Giunto finalmente all'adolescenza e imparato a comportarmi 'in presenza dei miei pari', la sorveglianza si e' un po' allentata e le lezioni sono diventate più interessanti: equitazione con cavalli degni di questo nome, spada, arco, lancia utilizzati in veri combattimenti, lingue imparate recandosi presso contee esterne. E con gli altri figli dei nobili: feste, gare, risse, bevute, grandi giocate a carte e dadi e...le prime donne!!! Non e' male la vita del duca!!! (Se mi sentisse mio padre mi farebbe dare 20 frustate!!!)

E poi a 18 anni finalmente l'apprendistato da cavaliere. Affidato alle amorevoli cure del capo delle guardie personali dei duchi, l'ottimo Burrich, ho imparato i fondamenti della cavalleria, sia come combattimento che come modo di comportarsi. La fedeltà alla parola data, alla contea, al popolo (“di cui siamo i difensori e non i comandanti”), l'onesta', la rettitudine, l'esempio: tutto questo serve per essere un cavaliere e non solo un guerriero. Dopo 4 anni sono diventato cadetto (il primo gradino nella scala del cavalierato) ma ho buone prospettive di crescita. Il motto che ho adottato e': “Nemo me impune lacessit” (nessuno mi provoca impunemente), che vuole essere insieme duro ed ironico. Anche Lucrezia e' entrata nella scuola dei cavalieri (e pare che il suo motto sarà: “Honi soit qui mal y pense” (Si vergogni chi pensa male di ciò)), mentre Marco ha preferito la via dello scrivano e studioso, mentre per Luca e' presto ma pare indirizzato alla diplomazia.

Mi descrivo brevemente: sono piuttosto alto 1,80 ben piantato, con i capelli castani lunghi fino alle spalle (come usa per i nobili), non bellissimo, ma supplisco con la simpatia!! Mi vesto sempre in modo abbastanza elegante, posseggo una corazza con i simboli dell'ariete e della torre




una spada di discreta fattura, un arco, la lancia, no la lancia no, la prendo in prestito dalla scuola, forse un giorno ne avrò una mia (“se te lo sarai meritato”) e un bellissimo cavallo bianco Freccia Fiammante. Cerco di godermi la vita e di rispettare le regole della cavalleria e chissà un giorno forse farò grandi imprese.

Simmaco - Gufo nella notte


Ciao il mio vero nome è Simmaco, ma ormai tutti mi chiamano Gufo nella Notte. Sono arrivato nell'isola dei Frati Neri a 15 anni fuggendo dal mio paese inseguito da una condanna a morte. Mi sono mischiato alla gente del luogo, per antica tradizione accogliente con gli stranieri. Ho trovato lavoro in una locanda e dopo alcuni mesi il padrone mi ha segnalato che cercavano sguatteri alle cucine della scuola dei Frati. Lì sono entrato in contatto con il mondo dei frati neri: in un primo momento non mi ha interessato molto, facevo vita isolata, non parlavo con nessuno, facevo il mio lavoro e in cambio ricevevo vitto, alloggio e una piccola somma per le mie spese personali. Passato qualche tempo un giorno di riposo mi recai a fare una gita sul monte, dopo un lungo cammino giunsi in cima e trovai alcune piccole casette in legno, molto semplici ma belle ed accoglienti, era giunta ormai la sera ed entrai in una che mi sembrava vuote a mi addormentai. Al mattino scoprii che erano abitate da frati neri alquanto bizzarri: non parlavano quasi mai, alcuni stavano immobili per ore e giorni, altri eseguivano complicati esercizi fisici di equilibrio e forza… comunque nessuno mi chiese nulla e io restai li a riposarmi e a guardare. Un giorno stanco dei miei vestiti ormai logori presi una veste abbandonata in una casetta e così senza nemmeno rendermene conto inizia il mio addestramento. Non posso rivelare nulla di quello che feci, posso solo dirvi, perché lo vedete, che mi bendai gli occhi per riuscire meglio ad espandere gli altri miei sensi e non me la tolsi più fino a che non si atrofizzarono. Ora sono passati 30 anni dal mio arrivo nell'isola, il mio incarico principale è insegnare agli Adepti e alle altre congregazioni, per il resto cerco di affinare sempre più le mie capacità e la mia fusione con la Vera Fede nell'Unico Dio. Non sarei portato molto alla socializzazione, ma questo mi incarico di insegnante mi porta a contatto con molte persone, così ad esempio ho conosciuto Cabalah e la sua amica Tusya con le quali ho stretto un legame di amicizia abbastanza profondo. Il maestro degli Adepti mi ha segnalato per questo incarico nel mondo, forse per la mia particolare immunità alla magia o per la mia forzata socializzazione o perché sono abbastanza anziano per non essere troppo avventato, ma abbastanza giovane per poter viaggiare. Tutto ciò che è in mio potere lo farò per la buona riuscita della nostra missione.

«Sacer VenerabilisQue Fictonis Ordo» (S.V.Q.F.O.)


Il SVQFO risale all'inizio della nostra civiltà, è un ordine assai antico, molto rispettato e conosciuto in tutto il continente; i suoi sacerdoti sono stimati da tutti. Si prefigge come scopo principale il raggiungimento dell'estasi tramite l'accoppiamento rituale. I rapporti avvengono fra persone di sesso diverso o dello stesso sesso e anche di differenti età ma non con bambini. Si venera la forza generatrice dell'uomo e della donna, non un dio, si esalta la potenza sessuale, soprattutto maschile, il piacere dell'accoppiamento, l'estasi dell'orgasmo. È un ordine maschile con uno spiccato orientamento sessista, ma anche la donna, come creatrice della vita e elargitrice del piacere è assai rispettata. Nei riguardi degli uomini bestia mantiene l'atteggiamento comune di disprezzo, ma non li esclude completamente dai riti, perchè in quanto più vicini agli animali si ritiene possano aiutare l'umano a raggiungere un'estasi maggiore. Non ci sono problemi di vocazioni: i novizi si presentano spontaneamente al tempio della città sperando di entrare in una casta rispettata, ricca e potente, ma non tutti vengono accettati, i riti di iniziazione sono piuttosto duri e quello che sembra solo puro divertimento è invece una dura disciplina del corpo e della mente. Le feste del SVQFO sono varie durante l'anno, nella più solenne, la festa delle Vergini vengono deflorate le ragazze giunte all'età adulta e tutti i fedeli abbandonano il lavoro per gettarsi in un'orgia di piacere, sesso, vino e cibo che dura un'intera settimana. Moltissimi sono i bambini nati 9 mesi dopo la festa ed e' considerato un segno di grande fortuna nascere esattamente 9 mesi dopo il giorno centrale della festa.

Mi descrivo brevemente: mi chiamo Imperius ho 52 anni, sono alto 1,90, ben piantato ma con un po' di pancia, capelli grigi un po' radi sulla fronte e lunghi dietro, naso un po' grosso e solcato da capillari rossi (forse bevo un po' troppo). Non sono bello e ho un po' la faccia da marpione, ma abbastanza simpatico, leggermente altezzoso, avete presente il monaco di LadyHawke? Ecco simile ma un po' più alto e pulito. Indosso sempre la mia tunica da sacerdote e al collo il simbolo dell'ordine e molto spesso ho in bocca la mia pipa a forma di drago. Sono nato in un piccolo paesino vicino alla città, sesto di dodici fratelli. A 6 anni sono stato portato al tempio ed affidato ai sacerdoti; ben presto ho rivelato una grande propensione per lo studio e a 14 anni sono stato accettato nell'ordine. La mia famiglia è stata molto contenta, avere un sacerdote tra i propri figli è n grande onore! In pochi anni sono salito lungo la gerarchia dell'SVQFO e ho ricoperto vari incarichi. Non sono un sacerdote particolarmente potente, né con gli incantesimi né con le armi, ma ho grosse capacità diplomatiche, sono un acuto osservatore e un buon politico, per cui ora sono il terzo nella nostra gerarchia, seguo i nuovi adepti, partecipo alle feste e soprattutto mi godo la vita. Da molto tempo non ci sono guerre con le altre razze e se anche rimane un disprezzo di fondo conviviamo abbastanza bene. Io non mi sono mai mosso dalla città, vivo in Bononia antiqua, dove c'è il nostro tempio oltre ad altri templi e all'università. Ho un po' di nostalgia del mio paese di nascita dove la fede nell'SVQFO era più genuina e spontanea, dove le feste erano davvero di tutto il popolo e dove i sacerdoti erano solo le guide dei riti e non dei politicanti assetati di potere. Da qualche tempo, poi, sono in rotta con i miei superiori perché ci siamo alleati con gli adoratori della morte gli Skull, un ordine assai potente e misterioso; per questa alleanza sono state fornite varie scuse di tipo religioso ma in realtà, penso, sia stato fatto per acquisire ancora più potere. Fra l'altro siamo spesso in contatto con un mago di nome Entacris, molto potente e forte sostenitore degli adoratori della morte, forse anche un fedele, cosa assai inusuale fra i maghi, questo Entacris si fa spesso vedere in giro con un uomo bestia complementare di un T-Rex, cosa assai disdicevole e pericolosa. Il nostro ordine non ha niente a che fare con la morte noi siamo gli adoratori della vita, della sessualità dell'orgasmo!!!!! Abbiamo anche mutuato la loro festa principale nella note fra il 5 e il 6 di Sesmanius (il mese in cui ci troviamo), la festa dei Teschi! Ho saputo che quest'anno sarà molto importante vogliono aprire una nicchia. Dopo molto studio e molte ricerche ho saputo che altre nicchie sono state aperte nella storia del nostro continente e tutte le volte c'è stata o grande distruzione o sono state richiuse in tempo. I luoghi indicati come luogo di nicchie aperte non esistono più, quelli di nicchie richiuse ci sono ancora. I miei superiori e quelli degli Skull hanno insanamente deciso di aprirne una forse per acquistare potere, ma non sanno quello che fanno. Ho contattato l'Entacris elail e mi ha detto che mi aiuterà ad uccidere i miei capi e a chiudere la nicchia, debbo però aspettare che arrivino le bestie. Ora penso che sia l'ora di agire!!!!!

OWL

Salve mi chiamo Owl cioè gufo, sono nato una ventina di anni fa in un piccolo ed insignificante paese 200 miglia a nord-est della capitale sui Caucasian Mountains. Della mia famiglia non so nulla, sono vissuto i primi 10 anni della mia vita con una zia, o almeno lei si definiva tale, ed uno zio burbero e manesco, (non sono mai stato molto viziato), poi sono scappato di casa, bhè scappato è una parola grossa, me ne sono andato a i miei presunti zii hanno tirato un sospiro di sollievo. Ho vagato a lungo tra i boschi e le varie cittadine della zona, rubando il cibo, dormendo per terra o dove capitava, facendo piccoli lavoretti ecc. ecc. Essendo un bambino venivo trattato abbastanza bene, non ho mai subito soprusi o violenze, insomma sono sopravvissuto bene. Il periodo dai 10 ai 15 anni è forse quello che ricordo con più piacere della mia vita, ho anche scelto il mio nome, gufo, perché girovagavo spesso di notte ed avevo imparato ad amare questa creatura silenziosa e letale, in più si aggiunga che avevo trovato, sì trovato, un anello a forma di gufo, (questo che ancora porto) e il gioco è fatto. Cominciai anche a dire che ero il figlio illegittimo di un signore del luogo e che quell'anello era il simbolo con cui un giorno mi avrebbero riconosciuto; non molti credevano a questa storia, comunque mi piaceva. Il mio primo nome l'ho dimenticato come tutto ciò che riguarda i miei primi 10 anni. Dopo cinque anni di vita nomade un giorno mi capitò una cosa che doveva cambiare la mia vita. Erano varie settimane che girovagavo nei boschi senza trovare una città e da tre giorni non ero più riuscito a cacciare e mi ero nutrito solo di bacche e radici, finalmente vidi in lontananza un paesino e mi avvicinai furtivo, giunto alle prime case le forze mi vennero meno e svenni proprio sull'uscio di un piccola casetta. Mi raccolse il padrone di casa che come seppi dopo era il fabbro, artigiano, scultore e cantastorie del paese; viveva lì da solo perché non era sposato e non aveva mai avuto figli, mi accolse quindi con affetto e gioia non appena seppe la mia storia di orfano vagabondo, io che mai avevo ricevuto affetto e attenzioni rimasi conquistato da quell'uomo gentile e paterno e così mi stabilii da lui. Litvak fece veramente cambiare la mia vita: mi mandò dalla maestra del paese (a sue spese) che mi insegnò a leggere e scrivere non solo l'umano ma anche il nanesco, e mi diede i primi rudimenti di storia e geografia. Inoltre, avendo notato la mia abilità con le mani, mi insegnò la sua arte di scultore e così per la prima volta nella mia vita le mani mi servirono non per rubare ma per lavorare e guadagnarmi i primi soldi onesti. Iniziai con piccole suppellettili, utensili per la cucina per passare poi a collanine, spille e vere e proprie sculture che vendevo assieme a Litvak sul suo banchetto al mercato settimanale del paese. Dopo tre anni di questa stupenda e rilassante vita il mio animo divenne inquieto, troppo tempo avevo vagato libero per le selve per trovarmi a mio agio in un piccolo paese intento a fabbricare suppellettili; prima ancora che io me ne rendessi conto venne da me Litvak e mi disse: "È ora che tu riparta, non sei fatto per stare fermo in un luogo, io ti ho insegnato tutto quello che poteva esserti utile, ora vai e metti in pratica i miei insegnamenti" e mi diede un sacchetto contenente nuovi attrezzi per la scultura e varie monete d'oro. Il giorno dopo, raccolte le mie poche cose, lo salutai commosso e partii nuovamente. Da allora molte cose sono successe, ho visitato molti paesi e città, dai più piccoli fino alla magnifica capitale dei nani, ho appreso l'uso della spada e dei mortali e silenziosi pugnali, sono diventato un ottimo conoscitore di piante e gemme: soprattutto di queste ultime di cui mi considero, scusate la modestia, il migliore conoscitore vivente, a parte chiaramente i nani fabbri. Molte volte sono tornato a trovare Litvak che sempre mi ha accolto come un figlio. Amo la birra e ovviamente le gemme, odio un'unica cosa: le guardie, mi intercettò un giorno una pattuglia di un signorotto locale, mi portò alle segrete del palazzo e lì mi ridussero in fin di vita per sapere dove avevo nascosto il mio tesoro che ovviamente non avevo; mi liberarono dopo un mese e per puro caso mi ripresi; da allora è per me una gioia poter affondare il mio pugnale nella gola di una guardia. Amo anche un'altra cosa fumare la pipa: porto sempre con me questa piccola pipa e sono anche abbastanza bravo a scavarle nel legno. Per finire, poche settimane fa mi trovavo in una piccola città a nord della capitale, quando in una locanda ho incontrato la dolce Asiut, anche lei voleva andare alla capitale e un suo amico era disposto a prenderla nella sua carovana; mi sono unito al gruppo ma forse non è stata una buona idea, infatti alcuni predoni ci hanno attaccato e trovandoci nel carro principale hanno pensato fossimo persone importanti e ci hanno rapiti sperando di ottenere un riscatto, per fortuna siete arrivati voi, valorosi guerrieri che ci avete salvato. Saremo sempre vostri servitori e debitori, la nostra vita è nelle vostre mani comandate e obbediremo.

Rafael Enrique Torres


Salve mi chiamo Rafael Enrique Torres e abito in uno scantinato nel South Bronx, New York. Sono di origine portoricana, ma sono nato qui 17 anni fa. Non ho avuto una vita facile, fin da piccolo me la sono dovuta cavare da solo, mio padre tornava più spesso pieno di alcol che di soldi, mi madre si arrangiava con lavoretti saltuari, i miei molti fratelli e sorelle entravano e uscivano dal riformatorio. L'unica persona a cui sono sempre stato molto affezionato è la mia sorellina Maria del Carmen detta Carmelita, l'ho praticamente cresciuta io, ha 5 anni meno di me è molto bella e simpatica e ci capiamo alla perfezione.
Già a otto anni sono entrato nei Dark Sun una banda piuttosto famosa dalle mie parti; essendo molto giovane e piccolo di statura mi trattavano molto male, ricordo ancora il durissimo rito di iniziazione, mi ci vollero settimane per riprendermi. Per riuscire a sopravvivere mi dedicai alle atri marziali, nella mia banda c'erano diversi esperti dell'arte di Bruce Lee il Jeet Kun Do e così mi dedicai ad essa ed in breve tempo ottenni ottimi risultati, tanto che cominciarono a rispettarmi un po' di più. Forse proprio queste difficoltà resero il mio carattere schivo e solitario, ma dentro di me sento una grande forza e voglia di cambiamento, vorrei migliorare la mia situazione e quella dei miei amici. Pur essendo inserito molto bene nel mio ambiente spesso mi sento diverso dagli altri e un po' fuori posto, alcuni fatti che mi sono accaduti poi mi hanno preoccupato e fatto riflettere. Una sera tornado a casa trovai due tizi che cercavano di violentare la mia sorellina, fui preso da una rabbia violentissima e mi lancia su di loro, non usai le arti marziali ma comincia a colpirli con morsi pugni calci graffi, finché non scapparono molto malridotti, Carmelita mi disse che nel combattimento le ero sembrato anche più alto e peloso, ma era buio e lei molto scossa da quello che stava succedendo. Un'altra volta stavo tranquillamente girando per i vicoli bui del Bronx quando notai alcuni individui che sembrava cercassero qualcosa o qualcuno, anche loro mi videro, si guardarono e improvvisamente estratti due shotgun iniziarono a spararmi, riuscii in qualche modo ad evitare i colpi e mi diedi alla fuga, solo la conoscenza dei vicoli in cui mi trovavo mi salvò e dopo pochi minuti mi ritrovai ansimante e preoccupato nel mio scantinato, non ho mai saputo chi fossero e non li ho più rivisti ma forse, dati gli ultimi avvenimenti, alla fine mi hanno ritrovato. Altre cose poi mi facevano pensare di essere diverso dagli altri: spesso faccio strani incubi molto reali, sogno bestie strane, unicorni parlanti, mostri deformi, e me stesso trasformato in forme strane e ripugnanti. Ancora una cosa mi fa pensare: quando c'è la luna piena mi sento meglio, combatto con più precisione, sopporto meglio i colpi, insomma sono al massimo della mia forma fisica, quando invece non c'è la luna in cielo mi sento fiacco e ho quasi sempre perso i gli scontri con i miei amici o le bande rivali.
Ora che vi ho conosciuto capisco molto di più della mia vita e finalmente, forse, ho trovato quella famiglia che ho sempre cercato.

Mi descrivo brevemente: sono piccolo di statura, magro ma abbastanza muscoloso, ho i capelli cortissimi, neri come gli occhi, sull'avambraccio sinistro ho una lunga cicatrice ricordo di un combattimento con i red lion e su quello destro il tatuaggio dei Dark Sun, porto un piccolo orecchino al lobo sinistro.

XENIA (il guaritore)

Vi viene incontro un uomo, sulla quarantina, alto, moro, occhi neri, spalle larghe; non è particolarmente bello, ne' imponente, ma il suo aspetto ispira fiducia e calma. Indossa una veste e un lungo mantello con cappuccio che definireste bianchi se non li confrontaste con la pelliccia che borda il mantello di un bianco così sfolgorante che fa quasi male agli occhi e che rende un po' triste e quasi sporco il resto dell'abbigliamento. Alla cintura sono appesi decine di sacchetti, in spalla ha un piccolo zaino, una faretra piena di frecce nere e un grande e maestoso arco. Vi si avvicina con un gesto di pace e quando gli chiedete chi è risponde: "Il mio nome è Xenia e sono un guaritore. Questo su tutta Veldern basta a qualificarmi, ma a voi, cari viandanti, parlerò un po' della mia arte e della mia vita. Guaritori si nasce. Non è una scelta, non c'è una scuola per guaritori, succede che un giorno un guaritore anziano ti incontra e ti dice :"Tu sei un guaritore", e tu scopri di averlo sempre saputo, fra l'altro quale guaritore da piccolo non ha giocato con le erbe e imposto le mani ai suoi cari? Quando Fijodor arrivò a Plijtcvik avevo solo 14 anni, la mia era una famiglia povera, mio padre era un taglialegna, mio fratello maggiore stava imparando l'arte del padre, l'altro mio fratello già da tempo combatteva nelle file della legione, io ero avviato al sacerdozio. Essendo la nostra una regione povera era prassi comune fra le famiglie che solo il primogenito ereditasse il mestiere del padre, gli altri figli divenivano guerrieri, sacerdoti o se ne andavano in giro per il mondo; perciò quando dissi alla mia famiglia che me ne andavo non ci furono pianti ne' tristezza, anzi mia madre fu assai contenta che un suo figlio fosse un guaritore perchè anche lei si dilettava di quest'arte e fra i suoi antenati c'era stato un guaritore da cui io avevo ereditato le mie capacità. In pochi mesi imparai tutto quello che dovevo imparare perchè "la tua arte è dentro di te -mi diceva Fijodor- io posso solo insegnarti alcuni comportamenti e alcune regole il resto sarà affar tuo". "Noi siamo neutrali neutrali neutrali -continuava- perchè non solo non siamo legati a nessuna legge a nessuna famiglia e a nessuna città, non solo non propendiamo ne' per il bene ne' per il caos, noi siamo neutrali nei sentimenti: non amiamo e non odiamo mai troppo; e se potrai vedere un guaritore trafitto da migliaia di frecce chinarsi un'ultima volta su un guerriero prima di morire, non vedrai mai un guaritore che con un lampo d'ira negli occhi abbatte un malvagio che sta colpendo un inerme". Sono un guaritore questo vi basti. Non chiedete mai aiuto a un guaritore ma non allontanatelo da voi, perchè la sua fedeltà è più forte della morte ma la sua arte vi è indispensabile. Non chiedete mai conto delle sue azioni a un guaritore perchè la giustizia è la sua unica regola di vita ed è radicata a fondo nel suo cuore. Non inimicatevi mai un guaritore perchè potrebbe guardarvi morire in lenta agonia senza battere un ciglio. Che cosa ho fatto nella mia vita, quali posti ho visitato, quali persone ho incontrato poco vi importi, sappiate solo che non sono mai venuto meno al nostro giuramento: "Preserva la vita"; sono un guaritore questo vi basti."

I Gynn della montgna

Tanto tempo fa su una montagna solitaria viveva un popolo di nani. Essi erano molto felici, ricchi, in pace con tutti. Voi sapete che i nani sono sempre un po' burberi e scontrosi ma questi facevano eccezione, almeno secondo un canone nanesco, cantavano, ballavano, facevano spesso grandi feste, ma soprattutto a due cose tenevano in particolare: al grande fuoco che ardeva nel centro della montagna e che la faceva sembrare un vulcano a ai loro campanellini. Ai campanellini? direte voi, ebbene sì, essi ne producevano in grande quantità, grandi, piccoli, dorati, di mhitril, e di tutte le forme e i colori che voi potete immaginare. Ai bambini appena nati ne venivano regalati in continuazione ma loro non si stancavano mai di sentirli suonare. Debbo però dirvi ora che c'era un perchè di queste particolarità dei nani: nella montagna vivevano anche i Gynn; i Gynn sono degli spiritelli molto allegri, simpatici e burloni, invisibili ma facili da individuare per le risa che sempre li precedono e per gli scherzi che sempre li accompagnano. Questi Gynn erano molto amici dei nani, e oltre a scherzare con loro, li consigliavano, li servivano, li avvisavano dei pericoli, insomma la vita procedeva lieta e scampanellante sulla Montagna Solitaria. Col passare del tempo però i nani divennero più tristi, si adiravano per gli scherzi dei Gynn, costruivano meno campanelle, e ridevano sempre meno. I Gynn non riuscivano a capire il perchè di questo cambiamento e un giorno convocarono tutti i nani nella grande sala delle faste nel centro della montagna. "Cari nani -essi dissero- come mai siete così tristi? noi siamo sempre con voi e non vi lasceremo mai". Rispose il capo della comunità per tutti: "È vero che voi non ci lascerete mai, ma noi vi lasceremo troppo presto, la nostra vita è lunga ma non eterna, e la promessa di sciare con Tyrolia non ci allieta più di tanto, noi vorremmo restare con voi". Molto tristemente e lentamente i Gynn risposero: "Questo è al di fuori delle nostre possibilità, purtroppo dovremo lasciarci, e ci piange il cuore al pensiero di perdere anche solo uno di voi". E da quel giorno la montagna divenne sempre più triste, i campanelli non suonavano più, e i nani caddero in una profonda depressione. Come potete capire la situazione era disperata e un giorno accadde una cosa orribile. Il capo dei nani era andato sulla cima della montagna per osservare il panorama e forse per disattenzione o per la tristezza che sempre lo pervadeva mise un piede in fallo e cadde disotto. Il corpo fu ricuperato e portato nelle ex sala delle feste dove iniziò una lunga e assai triste veglia funebre. Erano presenti tutti i nani e i Gynn, un senso di ineluttabilità del fato incombeva su tutti. Dopo parecchio tempo, quando le lacrime ancora scorrevano ma non bruciavano più come all'inizio si sentì una voce in tutta la sala: "Cari nani sono il vostro ex capo, e ho per tutti voi una lieta notizia: sono divenuto un Gynn, la promessa per noi è questa: condividere per sempre questa montagna con i fratelli Gynn, se ce lo meriteremo staremo sempre con loro e dopo essere stati protetti diverremo noi stessi protettori dei nani che verranno dopo di noi. Gioite ora dunque e rallegratevi tutti per la Nostra Grande Nuova Promessa". Allora tutti i campanelli suonarono assieme e la montagna sbuffò felice un enorme fungo di fumo.

Ecco perchè ancora oggi nella nostra montagna possiamo sentire l'influsso benefico dei Gynn, e se le vostre orecchie sono pure ed attente potrete ancora sentirli ridere e scampanellare


(racconto di Dekart ai piccoli
nani sulla Montagna Solitaria)

La leggenda di Tyrolia

In principio c'era solo la Triade e nient'altro. Pur essendo in tre un po' si annoiava e così cominciò a creare: l'universo, i pianeti, le stelle e poi gli dei minori. Tanti ne crearono, uno per ogni stato d'animo, uno per ogni pensiero, uno per ogni stella. Fra questa moltitudine ve ne era uno in particolare Tyrolia, un dio, se così possiamo dire, buffo: socievole e compagnone a volte, scorbutico e intrattabile altre. Come molti di loro girava per l'universo e un giorno capitò su Veldern. Subito s'innamorò di quella terra stupenda e cominciò ad esplorarla; altri dei si trovavano lì e Tyrolia cominciò a frequentarli. Un giorno di quelli in cui era intrattabile, mentre giocava a carte Tyrolia si infuriò enormemente con un dio degli elfi perchè secondo lui barava e se ne andò sbattendo la porta. Per essere sicuro di restare da solo salì sulla montagna più alta di Veldern, coperta di neve e lì si sedette; dopo qualche tempo, sbollita la rabbia, decise di scendere a valle ma si era congelato le gambe: al primo passo cadde e rotolò fino in fondo. Lo fermò un gigantesco albero che crollò rovinosamente al suolo per la forza dell'urto. Tyrolia si alzò di scatto e mentre stava per imprecare in tutte le lingue conosciute, guardando l'albero crollato, ebbe un'idea folgorante: prese due pezzi di legno piatti se li legò ai piedi e inventò così gli sci.
Un bel giorno la Triade decise di andare a vedere cosa facevano i suoi figli nell'universo, giunse così anche da Tyrolia e rimase colpita: Tyrolia non faceva nulla se non sciare e fumare; gli rivolse allora la parola: "Tyrolia tu non fai niente a parte sciare e fumare, come mai?". Tyrolia però quel giorno non era socievole, disse sgarbatamente: "Cosa vuoi da me, vai via!" e sbatté‚ la porta. La Triade si allontanò sorridendo.
Il giorno dopo Tyrolia dimentico dell'accaduto uscì per sciare quando vide sulla sua montagna un essere buffo, piccoletto, col naso grosso, una lunga barba; era sicuro di non averlo mai visto ma gli ricordava qualcosa; appena l'essere lo vide gli corse incontro si gettò ai suoi piedi e disse: "Salve Padre!", molti altri sbucarono da ogni dove inchinandosi e dicendo: "Salve Padre!". Dopo un attimo di perplessità Tyrolia capì cosa gli ricordavano: lui! gli erano molto simili a parte gli sci. Si avvicinò allora ad un albero lo abbatté‚ prese due pezzi di legno piatti e li legò ai piedi del nano più vicino regalando così gli sci al suo popolo.
Dopo qualche tempo Tyrolia chiamò a raccolta tutti i nani e rivolse loro queste parole: "Cari nani debbo andarmene, ormai vi ho insegnato tutto quello che sapevo fare: sciare e fumare, siete capaci di andare avanti da soli, voi siete piccoli ma resistenti e testardi vi lascio senza timore ma una cosa vi prometto: torneremo a sciare assieme" e scomparve.
E così mentre gli dei degli uomini sembra siano al loro servizio, e gli elfi sembrano essi stessi dei, il dio dei nani è da qualche parte a sciare.

(da "La leggenda di Tyrolia" come
la raccontò Dekart agli amici nelle
terribili colline dei non m

DEKART IL NANO (detto BOTTOM-UP)


Era una notte buia, fredda, di tempesta e di terrore, neppure la luna la allietava con la sua bianca presenza; i nani vigilavano senza riposo la mura di TANABIS la bella, il gioiello, il vanto di tutti i nani di Veldern, la multiturrita TANABIS, la città dalle porte di mithril e madreperla. Situata all'estremo nord del paese nelle lande desolate era il simbolo del rigoglio dei nani, era l'emblema della loro ricchezza e felicità, un punto di riferimento per tutti, meta di pellegrinaggi e tappa fondamentale per la conquista delle gelide ma ricchissime montagne del nord, ma il suo periodo d'oro volgeva ormai al termine. Gli orchetti dell'ORDA NERA (così si autonominavano) avevano atteso il lungo e rigido inverno del nord per stringerla d'assedio, quella sarebbe stata probabilmente l'ultima notte della città. Da lungo tempo si combatteva la guerra contro gli orchetti, iniziata con piccole scaramucce aveva portato morte e desolazione in tutta la regione, i nani avevano dovuto abbandonare una postazione dopo l'altra fino all'assedio della loro capitale, fino a questa tragica notte. Sugli spalti fra gli altri vi era un nano nel pieno dei suoi anni e della sua forza, Dekart, chiamato scherzosamente BOTTOM-UP per il suo particolare modo di colpire con l'ascia, dal basso verso l'alto, che raramente lasciava scampo al nemico; al suo fianco suo figlio Roy da poco giunto all'età matura, armato di un grande arco che lo rendeva un po' ridicolo per chi non l'avesse visto usarlo. Sul volto di Dekart le emozioni passavano veloci: ira, vendetta, tristezza, preoccupazione, terrore: difficilmente la città avrebbe resistito, tutto quello per cui aveva lottato stava per finire, la sua città sarebbe stata distrutta, la sua famiglia forse, la sua vita quella notte sarebbe cambiata per sempre.
Nelle gelide ore che precedono l'alba si scatenò l'attacco dell'orda nera, la maledetta, tutta la pianura era coperta da essa, il suolo tremò, le porte crollarono, Tanabis cominciò a bruciare. I nani però non arretrarono, gli occhi brillavano spietati, le scuri fendevano l'aria assetate di sangue, la battaglia infuriava selvaggia. Ebbe così inizio l'agonia di Tanabis, la battaglia durò a lungo, i morti furono migliaia ma nulla si poté opporre alla furia assassina dell'orda. Dekart chiuso in un angolo col figlio combatté a lungo finché non fu completamente coperto di sangue, cervella, pezzi di corpi e dopo essere stato ferito innumerevoli volte. All'improvviso un gigantesco orchetto si parò innanzi a loro e con un violento colpo di scimitarra staccò la testa a Roy; Dekart accecato dall'odio tranciò in due l'orco e lo continuò a colpire finché non fu un unico ammasso sanguinante, allore tornò in sè, vide che tutto era perduto e si lanciò alla ricerca della sua famiglia.
Trovò la moglie Rech e i figli Zhora, Priss e Lion vicino alla casa incendiata, senza dir nulla li prese con sè ed assieme si lanciarono in una disperata fuga. Aiutati dal fato e dalla forza della disperazione riuscirono ad uscire dalla città e cominciarono così un lungo e massacrante cammino attraverso le desolate lande del nord, incalzati dagli orchetti, dai lupi e perseguitati dal freddo e dalla fame; la fortuna però non li abbandonò, incontrarono altre due famiglie, riuscirono a procurarsi un po' di cibo e proprio all'inizio della primavera giunsero all'ingresso di una verde valle. Era molto boscosa, buia, intricata, ma essi la trovarono bella ed accogliente, vi entrarono e cominciarono ad esplorarla. L valle sembrava portare ad una montagna molto alta, bella, priva di vegetazione, una delizia agli occhi dei nani; essi cominciarono perciò ad avvicinarsi, ma per quanta strada facessero sembrava che la montagna fosse sempre alla stessa distanza. Capirono ben presto che un sortilegio li teneva lontani da essa, ma c'era qualcosa di famigliare in ciò, qualcosa di nanesco: con tutta la loro abilità e caparbietà di nani riuscirono a scoprire il segreto per raggiungere il monte e ormai all'inizio dell'estate giunsero alle sue pendici e lo chiamarono subito MONTE DELLA BUONA SORTE. Facilmente scoprirono la porta magica che ne chiudeva l'ingresso, con più fatica trovarono la parola giusta per aprirla e così entrarono. Trovarono un luogo abbandonato da secoli ma evidentemente abitato da nani, grande fu la loro gioia e dopo averla esplorata attentamente organizzarono una grande festa riaccendendo il grande fuoco de monte che riprese a fumare come aveva fatto secoli addietro. Inani lavorarono duramente ma allegramente per rendere splendida la montagna, dei vecchi abitanti non rimaneva traccia se non nella bellezza delle stanze, delle scale, delle finestre sulla valle; i nani più volte indirizzarono il loro pensiero a quei loro compagni misteriosamente scomparsi, ringraziandoli bene dicendoli ed eleggendoli loro numi protettori i Gynn della montagna. In una delle sale più interne, la più bella e grande un giorno casualmente trovarono una nicchia segreta, al suo interno una bellissima corazza di mithril; rimasero abbagliati a guardarla senza fiatare, poi la estrassero la ripulirono e indirono una riunione per decidere il da farsi. Molto può il mithril sul cuore di un nano, tutti desideravano l'armatura, si rischiava una lotta fra di loro. I nani però dimostrarono molta saggezza, erano in pochi, lontani dalla loro patria, non potevano permettersi di litigare, velocemente i tra capifamiglia decisero il da farsi: l'armatura sarebbe stata di tutta la comunità , simbolo della forza e del lavoro dei nani, custodita a turno dalle famiglie ed utilizzata da tutti a seconda delle necessità: ad esempio decisero di istituire delle pattuglie giornaliere per controllare l'accesso alla valle, il capo pattuglia avrebbe indossato l'armatura. Tutti furono d'accordo e quello che poteva essere un pericolo per loro divenne simbolo di unità: mai un nano aveva rinunciato volontariamente al mithril.
Passato qualche tempo decisero di organizzare una spedizione per vedere cosa era rimasto di Tanabis e cercare qualche eventuale superstite. Tornarono dopo qualche mese, i volti tristi, gli animi sfiduciati: niente era rimasto dell'antico splendore, gli unici superstiti sembrava fossero loro. Decisero così di abbandonare le vecchie insegne della porta e delle torri e lasciarono all'ingresso della valle uno scudo, se un nano fosse passato di lì avrebbe capito e li avrebbe cercati; non fu difficile sciegliere un nuovo emblema: la montagna con la luna piena. Circa un mese dopo uno sventurato gruppo di orchetti vide lo scudo e pensò ingenuamente di portare a termine lo streminio dei nani; furono però visti da lontano, raggiunti, accerchiati e massacrati. Da quel giorno all'ingresso della valle non vi fu più solo lo scudo ma anche la testa sfracellata del capo orchetto e la valle venne chiamata VALLE INSANGUINATA.
Passarono così lunghi anni di serenità, la comunità crebbe, la montagna divenne sempre più bella, il fumo si alzava incessante dalla sua cima. Il nostro nano Dekart era ormai anziano, molto forte, saggio, ma ormai non più molto agile, i reumatismi si facevano sentire, ormai passava la maggior parte del tempo a dare consigli e a raccontare storie ai nipotini. Dall'uccisione del figlio Roy aveva giurato di non usare ma un arco, ma di uccidere tutti gli orchetti a colpi di scure, dopo il massacro degli sventurati orchi l'ascia di Dekart era servita più che altro a tagliare gli alberi, il dolore per la perdita del figlio si era attenuato, la saggezza aveva preso il sopravvento sulla vendetta, regalato un arco a Lion il sorriso era tornato sulle sua labbra, la pipa continuava a fumare nella sua bocca e il popolo della montagna diceva che il nano e il monte si assomigliavano sempre di più.

La luna di veldern (appunti astronomici del mago di Yor, Ghil-Ris-Tor)

Dopo lunghi e attenti studi, innumerevoli ore di osservazione, consultando antichi testi e con l'aiuto di tutti i miei confratelli sono giunto a queste conclusioni sulla Luna di Veldern:
E' l'unico satellite di Veldern, situato esattamente a 1 sec luce da noi, è di forma perfettamente sferica e diviso in quattro parti: una legale, una caotica e due neutrali.
La parte legale e caotica sono esattamente il doppio di quelle neutrali e da queste separate.

E' sorprendente la simmetria del nostro satellite, esso rappresenta l'equilibrio fra il bene e il male sul nostro pianeta.
La luna non ha un moto di rotazione attorno al proprio asse, ma resta sempre fissa mentre ruota intorno a Veldren, mostrandoci così: ora la faccia legale, ora quella caotica, ora quelle neutrali. La faccia caotica però non è visibile da Veldern perchè essa è girata verso di noi durante la fase di luna nuova quando cioè la luna si trova fra noi ed il sole; la faccia legale invece è ben visibile essendo orientata verso di noi durante la fase di luna piena quando invade la terra col suo splendore bianco; le facce neutrali, più rossastre, sono infine visibili al primo e all'ultimo quarto. Si suppone che la faccia caotica sia completamente nera, ma è difficile accertarsi di ciò.
La luna compie una rivoluzione attorno a Veldern in esattamente 30 giorni: 10 di luna piena (faccia legale), 5+5 primo e ultimo quarto (facce neutrali), 10 di luna nuova (faccia caotica).
Come ben sapete il conto degli anni (come molte altre cose) fu stabilito dagli elfi; dopo molti studi abbiamo potuto appurare ciò:
nell'anno 0, nella notte fra il 31/12 del -1 (per così dire) e l' 1/1 dell'anno 0, alla mezzanotte esatta la luna era piena e in eclissi totale, così a mezzogiorno del 15/01/01 vi fu un eclissi totale di sole. Come sappiamo il nostro anno è di 365 giorni, da ciò possiamo dedurre che ogni 6 anni avremo nuovamente la luna piena fra il 31/12 e l' 1/1, ma solamente ogni 72 anni avremo nuovamente un'eclissi totale di luna e di sole essendo la luna esattamente nella stessa posizione in cui si trovava nell'anno 0.
La luna è circa un terzo di Veldern e composta di un materiale indefinibile, appare all'osservazione quasi completamente liscio, anche se un occhio attento può ravvisare una specie di sorriso nella zona legale, una linea orizzontale in quella neutrale e una sorta di ghigno in quella caotica (solo durante le eclissi).





Faccio ora un breve riassunto per risultare più chiaro:



ROTAZIONE 0
RIVOLUZIONE 30 gg.
CICLO PARZIALE 6 anni
CICLO TOTALE 72 anni
VOLUME 1/3 di Veldern
DISTANZA 1 sec-luce

0+6 1+62+63+64+65+6
0 25/01 20/01 15/01 10/01 05/01
30/01 24/02 19/02 14/02 09/02 04/02
01/03 26/03 21/03 16/03 11/03 06/03
31/03 25/04 20/04 15/04 10/04 05/04
30/04 25/05 20/05 15/05 10/05 05/05
30/05 24/06 19/06 14/06 09/06 04/06
29/06 24/07 19/07 14/07 09/07 04/07
29/07 23/08 18/08 13/08 08/08 03/08
28/08 22/09 17/09 12/09 07/09 02/09
27/09 22/10 17/10 12/10 07/10 02/10
27/10 21/11 16/11 11/11 06/11 01/11
26/11 21/12 16/12 11/12 06/12 01/12
26/12 - - - - 31/12

GURTANG (ovvero come venni in possesso di una spada infedele)

Mi svegliai di soprassalto con un urlo, poi guardai attorno a me una stanza sconosciuta, le pareti ricoperte di simboli magici. "Queste dunque sono le Aule di Mandos" mi dissi, mentre con le mani toccavo il lenzuolo posto sotto di me, molto morbido e fresco al tatto; tentai di sollevarmi a sedere ma non vi riuscii, allora una mano mi si appoggiò sulla fronte e una voce soave mi disse: "Torna a dormire Kyra e non preoccuparti, al tuo risveglio capirai molte cose". Caddi così in un profondo sonno senza sogni.
Ero di nuovo sveglio, restai però immobile e ad occhi chiusi, mi sentivo meglio dell'altra volta, ma soprattutto mi sentivo molto "vivo"; è vero che a Ghil-Ris-Tor mi avevano insegnato che noi non moriamo come gli umani, passiamo nelle Aule di Mandos senza traumi senza dolore, però mi sentivo molto "vivo". Aprii gli occhi e mi sollevai a sedere e vidi lì vicini a me il mio grande amico Silvano, notò subito la mia espressione perplessa e mi disse: "Kyra ce l'hai fatta, la prova è stata dura per tutti, ma tu sei anche uscito dal paese dei sogni e sei stato colpito a morte, così ci ha detto il Mago di Yor, e disperavamo ormai, ma la magia è potente a Ghil-Ris-Tor, Yor è grande e la morte non sempre è un insuccesso nelle nostre prove.
Allora mi ricordai tutto, mi alzai e piangendo abbracciai Silvano e restammo a lungo così.
Mi vestii con le verdi vesti dei discepoli dei maghi e accompagnato da Silvano mi recai nella stanza delle riunioni dove mi attendevano il maestro e gli altri discepoli. "Ora ci siete tutti -disse il maestro- possiamo quindi iniziare. Voi che siete qui avete superato tutti la prova dei sogni e mi voglio congratulare, non è da tutti infatti.
Allora ci guardammo attorno e notammo che mancavano molti di noi, molti dunque non ce l'avevano fatta. A quel punto un discepolo si alzò e disse: "Maestro spiegami una cosa, molti di noi non sono più qui ed alcuni erano miei veri amici, eppure non provo rimpianto né dispiacere, né mi sento migliore di loro, come mai?". "Vedi - rispose - tu stai cominciando a capire veramente la magia, in essa non c'è posto per migliori o peggiori, non tutti sono chiamati alle stesse cose, c'è bisogno del maestro, del capomaghi, come del veggente o dell'incantatore, e c'è l'elfo guerriero e l'uomo di legge, c'è il neutrale e il buono, ognuno segue la sua strada e il fatto di essere in pochi non autorizza a pensare di essere i migliori; pensa se tutti diventassero sommi maghi: il sommo elfomago è uno solo non perchè è il migliore ma perchè a questo è chiamato". Allora il capomaghi ci invitò a raccontare la nostra avventura nel mondo dei sogni e così io raccontai di come ero stato un drago e un mendicante e un vecchio e un giovane, di come mi ero comportato coraggiosamente o vilmente, parlai di paura e di vittoria e di come poi su invito del Signore dei Sogni ero tornato nel mondo reale e di come aiutando i miei amici ero stato colpito a morte dalle guardie del malvagio Landricteria. Dopo che ognuno di noi ebbe raccontato la sua storia, soddisfatti tornammo alle nostre occupazioni e alla nostra preparazione da elfi maghi.

Passato diverso tempo, ormai abbastanza avanti nella nostra preparazione fummo tutti convocati nella sala delle riunioni: erano presenti tutti gli elfi di Ghil-Ris-Tor ed alcuni che non avevamo mai visto. Già da alcuni giorni si respirava un'aria di tensione e circolavano notizie di attacchi alla foresta di Eldairen provenienti da nord e si vociferava di draghi e di potentissimi maghi e chierici malvagi. Quando prese la parola il sommo elfomago non fece che confermare i nostri sospetti. "Cari elfi maghi -disse- un grosso pericolo ci sovrasta, questo nobile elfo è venuto qui per avvisarci e gli lascio quindi la parola per spiegare esattamente la situazione". Si alzò allora lo sconosciuto elfo, era molto alto e nobile e disse: "Io sono Ailchkir della città di Golin all'estremo nord, come sapete la zona settentrionale del bosco è stata attaccata dal nemico e noi abbiamo creato la barriera di protezione, ma ora la situazione è critica, siamo riusciti a scoprire che il comandante dei nemici è un potentissimo mago nero che si fa chiamare Nagrak "il sanguinario" con lui combattono umanoidi, troll dei ghiacci e potenti creature volanti forse draghi, la barriera non resisterà a lungo; le nostre spie sono riuscite a fornirci una pianta dell'accampamento di Nagrak e noi siamo venuti qui a chiedere il vostro aiuto".
Detto questo si sedette fra la costernazione di noi tutti, la sue parole ci avevano molto colpito, nella nostra isola ci sentivamo liberi, felici e al sicuro da tutto ed ecco che ora il pericolo era lì a portata di mano. Si alzò Yor e cominciò: "Abbiamo studiato a lungo la situazione e l'unica soluzione possibile ci è parsa l'uccisione di Nagrak, alcuni elfi di noi dovranno recarsi nell'accampamento, saranno teletrasportati lì vicino, coperti da molti e potenti incantesimi potranno arrivare non visti da Nagrak e ucciderlo. La missione è molto pericolosa e la possibilità di successo scarse, chi si offre di voi sappia a cosa va incontro". Con queste parole fu aggiornata la seduta e tutti ci avviammo tristemente a passeggiare per Ghil-Ris-Tor per prendere una decisione così grande. Dopo pochi passi fui raggiunto da Silvano che mi disse: "E'inutile che perdiamo tempo andiamo da Yor, questa missione è per noi, fra i giovani siamo i più preparati ed era uso nei tempi antichi terminare il corso con un'impresa memorabile...sono contento che ci capiti questa opportunità". Rafforzato da queste parole andai con Silvano, e assieme ad altri dieci compagni fummo scelti per la missione. Per tre giorni rimanemmo chiusi nella torre di Ghil-Ris-Tor mentre tutti i maghi più potenti intessevano incantesimi e noi studiavamo e ci preparavamo. Alla fine dei tre giorni eravamo pronti, Yor fece un cerchio con la sabbia intorno a noi, vestiti di stoffe elfiche ed armati del sacro pugnale con lo stemma della propria casa. Iniziò allora un lungo incantesimo salmodiato all'unisono dai maghi e prima dell'ultima parola Yor disse: "Ricordate, il pericolo è solo dentro di voi", e mi sembrò che mi guardasse intensamente. Improvvisamente ci trovammo ai bordi dell' accampamento di Nagrak. Era una notte buia, la nubi ricoprivano completamente il cielo, nell'accampamento c'era molto rumore e parecchi fuochi accesi; senza neppure guardarci ci avviammo verso di esso: ognuno sapeva dove doveva andare; eravamo invisibili ed anche senza incantesimi difficilmente qualcuno ci avrebbe visto nei nostri abiti cangianti.
La paura mi serrava la gola, alzai lo sguardo al cielo ma le nubi mi impedivano la vista di Kyrbalin, strisciai furtivo di fianco ad alcune sentinelle che non mi notarono e cominciai a vagare per il campo. Non sapendo esattamente dove era Nagrak ognuno di noi aveva un settore da esplorare; solo la tensione mi portava avanti, il racconto degli orrori compiuti da quegli eserciti armava la mia mano di cattiveria, il pugnale brillava avido di sangue orchesco.
E' strano camminare in un incantesimo ti senti come ubriaco e puoi seguire solo l'istinto; giunsi così ad una tenda, bella grande e sorvegliata da quattro umanoidi giganteschi, scivolai all'interno: era vuota ma al centro su un cuscino giaceva una bellissima spada, la sua lama era nera come l'elsa, sembrava assorbire la luce delle torce e un'aura di malvagità la circondava. Fui attratto irresistibilmente, dimentico della missione, gettai il pugnale ed afferrai la spada; fui percorso da un brivido di malvagità e pensieri omicidi mi vagarono per la mente: uscii dall'apertura principale e con pochi colpi uccisi gli ignari umanoidi mentre la spada sembrava bevesse il loro sangue. Vagando e uccidendo silenziosamente giunsi a quella che indubbiamente doveva essere la tenda di Nagrak; entrai e contemporaneamente vidi sbucare altre undici teste, inspiegabilmente eravamo giunti lì assieme. Nagrak era seduto ad un tavolo, solo, stava scrivendo, ci avvicinammo invisibili e malvagi sicuri della riuscita dell'impresa, quando all'improvviso Nagrak si voltò verso di me, sembrò quasi captare la malvagità che mi circondava e in un lampo scomparve; un lungo urlo attraversò l'accampamento, molti squilli ed urla risposero e ci trovammo visibili; un immenso troll scoperchiò la tenda, la spada brillò di luce malvagia e selvaggia e quasi senza accorgermene colpii e uccisi il troll con un unico fendente. I compagni si strinsero a me e di corsa attraversammo il campo in subbuglio seminando morte e distruzione. Giungemmo trafelati al cerchio dove eravamo apparsi crollammo al suo interno e tutto si fece buio.
I giorni che seguirono a Ghil-Ris-Tor furono di grande amarezza e delusione, la missione era fallita, anzi forse avevamo peggiorato le cose, Nagrak conscio ora della nostra disperazione aveva lanciato un grande attacco, il cerchio era stato rotto, Golin rasa al suolo, molti elfi erano morti nel tentativo di difenderla e, vista ormai la fine, la guardia cittadina si era sacrificata per consentire agli altri di fuggire. Dopo lunghi e sanguinosi combattimenti fu fermata l'avanzata del sanguinario, il cerchio fu ricostruito, una pace densa di amarezza scese sul bosco di Eldairen. Noi dodici compagni della triste missione avremmo partecipato volentieri alla lotta anche per riscattarci, ma ci era stato proibito sia per farci riposare e continuare a studiare, sia perchè si temeva ci fosse fra noi un traditore. La spada nera intanto rimaneva al mio fianco, ero restio a disfarmene e nessuno aveva voluto toccarla. Giunta la pace fui convocato dal consiglio dei maghi e a lungo restammo nella torre per studiare la spada. Alla fine Yor trasse la conclusioni per tutti: "Ora sappiamo, e se l'ignoranza è la forza dello stupido la conoscenza è spesso il dolore del seggio. Questa è GURTANG "il ferro di morte" essa risale alle guerre dei draghi, noi elfi la costruimmo armati di buone intenzioni ma anche di superbia e di malvagità , essa è uno strumento di morte assai potente e come tale si è rivoltata contro i suoi creatori.
Noi elfi sappiamo che la violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci ma al tempo dei draghi eravamo disperati, questo è il più grande successo e il più grande fallimento degli elfi. E' tornata a noi in questo momento di pericolo e subito ha provocato morte e distruzione, speriamo possa essere utile a chi la porta. Qui Yor fece una pausa e mi guardò intensamente poi disse: "Kyra il consiglio ha deciso di affidarti GURTANG perchè troppo duro sarebbe per te distaccartene e perchè crediamo sia un segno del destino che sia capitata fra le tue mani , essa già in parte ti domina e in parte è dominata da te, tu giungesti qui buono e legato alle leggi e alle tradizioni della tua patria, stando qui avevi ampliato i tuoi orizzonti e la neutralità era ormai per te una scelta ovvia, fai in modo che questa spada non ti spinga alla malvagità e al caos. Come neutrale ma buono, come elfo e come mago sei stato scelto dalle imperscrutabili forze che ci governano ad essere il Mormegil il portatore della spada nera, uno strano destino ti circonda e così i tuoi amici, voi siete dei prescelti, da voi dipendono molte cose, ma il vostro futuro è oscuro anche per i veggenti più potenti. Ora va nel nome della Triade Suprema, di Esion dio della neutralità, di Kyrbalin figlia prediletta e svolgi fino in fondo la tua missione". Con questa sinistre parole finii il mio soggiorno a Ghil-Ris-Tor, luogo indimenticabile, sede suprema dello spirito elfico di Veldern. Me ne andai accompagnato da Silvano seguendo la vostre tracce, dopo varie peripezie ci lasciammo ed io mi imbarcai alla volta di Thiatis dove finalmente vi incontrai.

Kyra l'elfo


Come tutti sapete sono un elfo e il mio nome è KYRA. Sono della stirpe degli elfi silvani e provengo dalla città di SAMYN-ARDON posta alle propaggini sud-occidentali del bosco di ELDAIREN dove questo si unisce alle montagne.
Il mio popolo è molto antico e così anche la nostra città, essa infatti fu fondata dalla nostra progenitrice che - narra la leggenda - giunta al margine del bosco vide tramontare il sole dietro ai monti, e lì decise di costruire la prima torre da cui poi si sarebbe sviluppata la nostra città: il nome infatti in lingua corrente significa TORRE-SOLE.
La capostipite del mio popolo si chiama KYRBALIN che significa "figlia prediletta", questo per rimandare a qualcosa di precedente o di superiore sia ad un padre della capostipite che ad un dio supremo. Come tutti, noi conosciamo la Triade, anche se non la adoriamo direttamente, la nostra Dea si può considerare la figlia prediletta della triade; fra l'altro noi elfi viviamo molto a lungo per cui non consideriamo la fine delle cose e di conseguenza neanche l'inizio: chi può dire che Kyrbalin sia stata la prima di tutti? essa è la figlia per eccellenza, come lo siamo noi tutti, per noi il tempo è un lento scorrere tranquillo con infiniti avvenimenti, con infiniti padri e figli.
Il simbolo di Kyrbalin è
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perchè la Dea fu assunta in cielo e prese questa forma; è una costellazione solo invernale per significare che noi non siamo neutrali, ma essendo l'inverno il simbolo del male e la costellazione della lotta contro il male, siamo buoni. Per noi vedere Kyrbalin in cielo è segno di forza e di protezione dal male, e alcuni di noi assicurano di aver visto la costellazione anche d'estate in particolari momenti di bisogno e di essere stati aiutati. I simboli della Dea dunque sono Orione e anche le lettere che fanno parte del suo nome e significano il bene, il male e la neutralità essendo due simboli ribaltati uniti da una stanga verticale.
Il mio nome Kyra non ha significato di unione con la Dea, ma significa semplicemente figlio (o figlia) ed è molto comune fra i terzogeniti, è un nome diretto, come noi chiamiamo il fiume che attraversa la nostra città semplicemente Lynn, cioè fiume, e la nostra stessa città come ho detto torre-sole.
Noi elfi non consideriamo i capi politici i migliori o i diretti discendenti della Dea, pensiamo che per ogni incarico o lavoro occorrano doti particolari, la nostra Dea non la vediamo come un capo politico o un guerriero, ma più come una musa ispiratrice che parlava con piante ed animali e si dice anche con le stesse pietre: per noi la Dea racchiude tutte le doti.
I nostri simboli sono quindi vari a seconda delle mansioni, tutti però hanno la torre e il sole al tramonto e la costellazione. I nostri capi politoci hanno la torre e il sole divisi dalla base delle vocali maiuscole perchè i loro nomi iniziano sempre per vocale seguita da una consonante pronunciata doppia (e la purezza del casato si riconosce dalla brevità del nome); i guerrieri hanno una spada a dividere la torre dal sole, una spada bianca per significare la bontà, ma il cielo è rosso per il sangue e lo scudo è bordato di nero perchè noi elfi odiamo uccidere.
Ma ora parliamo di me , della mia vita e della mia famiglia. Mio padre è cugino di Izz il re, si chiama Baltas è quindi di famiglia regale ma di un ramo cadetto ( per cui il suo scudo è attraversato da una banda nera). Mia madre si chiama LYNN ed è della stirpe degli elfi-maghi, io come terzogenito sono materno per cui anch'io elfo-mago, il nostro simbolo è la costellazione della Dea grande d'oro al centro sullo sfondo blu del cielo, in basso, come tutti, la torre e il sole; lo stesso simbolo della Dea mi fu tatuato appena nato sulla mano sinistra e io sono mancino. Ho due fratelli più grandi e una sorella più piccola: si chiamano CALFAS e FARIN i due più grandi della casa regnante (nota la stesse vocale del padre al secondo posto scritta solitamente come se fosse maiuscola) e TINUVIEL la più piccola elfa guerriera (il suo nome significa usignolo e molti dei guerrieri hanno nomi di animali).

Ho viaggiato molto da piccolo con mio padre e i miei fratelli in missioni diplomatiche, io ci andavo più che altro per gioco, ma quei viaggi mi furono utili; fu importante soprattutto quando ci recammo nella CITTADELLA DEI GUERRIERI, piuttosto distante da noi, e lì conobbi i genitori di BIRDSTONE, persone molto importanti, ed anche Birdstone stesso anche se allora era poco più che un bambino.
Ancora in missione andai in altri regni elfici, poi raggiunti i 35 anni iniziai la mia preparazione alla maggiore età.
E' uso nella mia città che a 30-40 anni ci si stacchi un po' dalla famiglia (fisicamente non affettivamente) e ci si prepari ai 50 anni quando si sarà uomini e si dovrà decidere cosa si vuole essere, si va quindi a studiare la magia, l'uso delle armi, ecc. presso altri regni, a 50 anni si decide e si assume ufficialmente il proprio simbolo. Debbo qui ricordare che ho un grande amico Lynch, mio coetaneo, elfo-guerriero (il suo nome significa falco) perchè con lui iniziai a girare.
Per prima cosa andammo a Ghil-Rist-Tor il tempio della magia, luogo importantissimo per tutti gli elfi, situato nel centro della foresta. Lì mi fermai a lungo, anche quando Lynch se ne andò per affinare la sua arte guerriera, e studiando col mago di YOR decisi di essere elfo mago. Dopo questo intenso e fondamentale periodo girammo un po' tutta la foresta e poi il mio desiderio di pace ci condusse sui monti.
Per noi elfi tutto è vivo, specialmente parliamo con animali e piante, per cui stare nella foresta, e specialmente nella nostra foresta, è come stare tra la folla; le montagne invece sono silenziose e da esse si può con calma ammirare Kyrbalin in cielo fumando e pensando. Attraversando le montagne ci imbattemmo nel tempio di Limpia, lì mi fermai mentre Lynch proseguiva e strinsi amicizia con una sacerdotessa SILVERBITCH che fra l'altro mi insegnò l'uso dell'erba pipa e mi regalò la mia prima pipa.
Per quanto io non sia un fanatico dell'erba pipa e non condivida gli uomini che ne fanno un uso sregolato, eccessivo e senza scopo, amo molto fumare, sui monti d'inverno guardo la Dea e fumo. E' per me significativo che i guerrieri non la usino, essi lo fanno per non rovinare il loro fisico perfetto e perchè non conoscono incantesimi e non sono soliti meditare a lungo sulle cose, noi elfi invece solitamente non la usiamo perchè la consideriamo solo come sciocchezza degli uomini, l'incontro con maghi e sacerdoti mi ha svelato questo vero utilizzo.
Raggiunsi Lynch alle porte della Cittadella dei Guerrieri mentre stava per venire alle mani con alcuni di loro. Bisogna qui ricordare che noi non stimiamo eccessivamente i guerrieri, perchè sono troppo istintivi e troppo poco meditativi, siamo alleati dai tempi della guerra dei draghi, ma ancora non ci capiamo appieno. Tornando al racconto, riuscii a dividere Lynch da un grosso guerriero solo con l'aiuto di un altro che riconobbi essere Birdstone. Grande fu la gioia di riincontrarci e di rivedere i suoi genitori dai quali fui accolto calorosamente, da allora io e Lynch siamo di casa nella cittadella.
Tornati in patria e raggiunti i 50 anni, i nostri genitori ci vollero fare un dono graditissimo. una casa nella città umano-elfica di Sarun, proprio nei pressi del porto.
Per concludere quando si formò la nostra compagnia io fui scelto più per le mie esperienze di viaggi e per la mia conoscenza di Silverbitch e Birdstone che per altro, ma io accettai volentieri e fu una scelta felice perchè oggi posso essere con voi a festeggiare in questo stupendo castello e posso dire di avere dei veri amici.